Intuitivamente

LEI. Questa, poi! Stando a quanto dice questo articolo, la nostra idea della estensione della superficie della Groenlandia è totalmente errata! Guarda questa mappa, generata con la proiezione di Mercatore: è la mappa che uso di solito – e la superficie della Groenlandia è quasi identica a quella del continente africano.

ce88a4f4d914fd12e072a263be18992e

LUI. Ed invece non è così! L’area della superficie dell’Africa è molto maggiore di quella della superficie della Groenlandia! Che sulla cartina che utilizziamo usualmente le cose vengano rappresentate in maniera diversa da come stanno dipende dai criteri con i quali si decide di rappresentare sul piano una superficie sferica, come quella terrestre!

LEI. Eppure sono così abituata a questa vecchia rappresentazione… Sei davvero sicuro di ciò che affermi?

LUI. Totalmente! Che l’Africa sia molto più estesa della Groenlandia è vero come… Come 2+2=4!

LEI. Proprio così? Proprio come 2 + 2 = 4?

LUI. Precisamente!

LEI. Riflettiamo un po’ su questa cosa: che cosa intendi dire quando affermi che “È vero che l’area della superficie del continente Africano è maggiore di quella della superficie della Groenlandia”?

LUI. Sapevo che prima o poi mi sarei infilato in una discussione filosofica con te. Capita sempre.

LEI. Suvvia, non tergiversare: dimmi un po’!

LUI. Fammi fare un po’ il filosofo, allora. Penso che si possa dire che la verità è una relazione tra il linguaggio ed una realtà che sta fuori da esso, una realtà extra linguistica. Così, “L’area della superficie del continente Africano è maggiore di quella della superficie della Groenlandia” è una frase vera perché l’Africa è estesa su una superficie della crosta terrestre di dimensioni maggiori rispetto a quella sulla quale si estende la Groenlandia, ossia perché sussiste nella realtà una certa relazione tra delle porzioni della superficie emersa del pianeta terra…

LEI. Fino a qui concordo con te. Ma possiamo fare lo stesso discorso con “È vero che 2+2=4”? Quale sarebbe la realtà extra linguistica che la rende vera? Esistono realmente delle entità matematiche? Esiste il numero 2, esiste il numero 4, e queste entità stanno tra loro in una particolare relazione, che rende vero “2+2=4″? Ma abbiamo mai incontrato il numero 4? Ed il numero 2? Bada bene: non dico 2 o 4 cose! Dico proprio: il numero 2 o il numero 4! Io so che, per certi matematici, sostenere facendo matematica che cose di questo tipo esistono è, sostanzialmente, cadere nel misticismo. Tra questi matematici ci sono gli intuizionisti, che, per quanto riguarda la matematica, rigettano la nozione comune di verità. 

LUI. Se accettassimo questo punto di vista, “L’area della superficie del continente Africano è maggiore di quella della superficie della Groenlandia” non sarebbe vero come “2+2=4”!

LEI. Proprio così. E forse, facendo matematica, dovremmo utilizzare una logica diversa da quella usuale. Per chi accetta la concezione comune della verità, il significato di una espressione è dato dalle condizioni sotto le quali questa espressione è vera. Per gli intuizionisti, il significato di un’espressione non è dato dalle condizioni sotto le quali l’espressione è vera (intendendo la verità come relazione con una certa realtà esterna), ma dalle condizioni sotto le quali è provata – dove una “prova” è una costruzione (mentale) di un certo tipo.

LUI. Una costruzione mentale?

LEI. Esatto! Per gli intuizionisti, la matematica è una libera creazione della mente, ed un oggetto matematico esiste se e soltanto se può essere (mentalmente) costruito. Se “esistere” non avesse il significato di “essere costruito”, allora avrebbe qualche significato metafisico. Ma io, come gli intuizionisti, non credo che sia compito di un matematico fare metafisica, né decidere se una qualchevisione ontologica sia sostenibile oppure no (al di là, per inciso, delle credenze metafisiche che un matematico possa professare nel suo privato).

LUI. Non credo di capire bene.

LEI. Forse è meglio che io ti faccia un esempio. Prendiamo le definizioni di questi due numeri, K(y)K e QFWFQ:

  • K(y)K è uguale ad n, dove n è il più grande numero primo tale che anche il suo predecessore, n–1, è un numero primo; è uguale a 7, se tale numero non esiste
  • QWFWQ è uguale ad n, dove n è il più grande numero primo tale che anche n–2 è un numero primo; è uguale a 7, se tale numero non esiste.

Non noti la profonda differenza tra le due?

LUI. Quale differenza? Francamente no…

LEI.  Pensaci: per come sono descritti qui, abbiamo che

  • Il numero K(y)K può essere calcolato, ed è 3 – in quanto 3 è il più grande numero che possiede la proprietà di essere numero primo e di essere successore di un numero primo.
  • Ma non sappiamo quale sia il numero QFWFQ! Saprai difatti che due numeri p e m sono detti “primi gemelli” se sono entrambi primi e sono tali che p = m – 2. Per esempio, sono primi gemelli 5 e 7, 11 e 13, 17 e 19, 29 e 31… Il numero QFWFQ dovrebbe dunque essere l’ultimo elemento della serie dei numeri primi gemelli. Il punto, però, è questo: se si dovesse dimostrare l’infinità della serie dei numeri primi gemelli, di questa serie non esisterebbe un ultimo elemento – e allora il numero QFWFQ sarebbe 7. Se invece se ne dimostrasse la finitezza, allora ci sarebbe un ultimo numero della serie – e QFWFQ sarebbe proprio quel numero. Ma noi non sappiamo se la serie dei primi gemelli è infinita o se non lo è! Dunque, non abbiamo alcun modo per calcolare il numero QFWFQ! Ecco: un intuizionista non accetta come buona una definizione come quella che è stata data del numero QFWFQ.

LUI. Sì, ma questa cosa è del tutto contingente! Supponiamo difatti che un bel giorno x noi si riesca a dimostrare che esistono infinite coppie di numeri primi gemelli, e che si riesca perciò a stabilire che QFWFQ = 7. La definizione diventerebbe buona anche per un intuizionista!

LEI. Sono dell’idea che un’asserzione matematica esprima il risultato di una certa costruzione matematica. Prima che la costruzione sia effettuata, non è stata effettuata – ecco tutto. Così, prima del giorno x non sarebbe semplicemente stato dimostrato che il numero QFWFQ è 7. Ma forse intendi insinuare qualcosa di più profondo – e qui arriviamo al dunque: forse tu intendi dire che, non avendo una dimostrazione, non sappiamo come stanno le cose, ma che, nonostante ciò, le cose stanno in un certo modo; che stanno così in un mondo di oggetti matematici indipendenti dalle nostre conoscenze; e che il fatto che non lo si sia ancora dimostrato non ci dica niente rispetto a questo mondo. Ti dirò: anche gli intuizionisti sono convinti che, in un certo qual modo, la matematica poggi su delle verità eterne, ma quando si cerca di precisare cosa significhi questa affermazione si generano un sacco di difficoltà metafisiche. Forse, l’unico modo per evitarle è bandirle dal fare matematica: si studino le costruzioni matematiche in quanto tali, e ci si limiti a fare questo! Si consideri il significato di un’espressione dato dalle condizioni sotto cui l’espressione è provata! Certo, così facendo la logica classica non risulterebbe più adeguata per lo studio della matematica! Per esempio…

LUI. …Per esempio: supponendo che noi si sappia cosa possa valere come prova di un enunciato semplice (poniamo il caso che A e B siano enunciati semplici), dovremmo assegnare ai connettivi (non, e, o, se… allora…, …), un significato diverso da quello che gli attribuiamo ragionando con la logica classica! “Conoscere il significato di ‘A o B” significherebbe allora “Avere una prova di ‘A o B’”, ed una prova di “A o B” consiste in una prova di A, oppure una prova di B! Similmente, una prova di “A e B” consiste in una prova di A e una prova di B! Una prova di “Se A, allora B”, sarà invece una costruzione che trasforma le prove di A in prove di B! Ed una prova di “Non A” sarà una prova che trasforma le prova di A in prove di un’assurdità!

LEI. Proprio così! Ma da questo viene subito che…

LUI. …Che non possiamo accettare come legge logica quella per cui, preso un qualsiasi enunciato della matematica – prendiamo per esempio sempre A –, si può dire che A o non-A (come avviene invece con la logica usuale! Difatti, diciamo che piove, o non piove; l’acqua è composta di ossigeno ed idrogeno, o non lo è…)! Ciò equivarrebbe ad asserire l’esistenza di una costruzione che risolve ogni tipo di problema matematico!

LEI. Vedo che cogli il punto! E, inoltre: se “esistere”, nel contesto del ragionamento matematico, significasse “essere costruito”, non potremmo accettare nemmeno il ragionamento della logica classica per il quale, se si dimostra che è contraddittorio che una cosa non esista, allora questa cosa deve esistere! In un certo senso, la prova classica (non costruttiva) dell’esistenza di un oggetto informa il mondo che un tesoro esiste, senza indicarne la posizione. Non dovremmo accettare questo tipo di ragionamento, il ragionamento indiretto!

LUI. Devo ammettere che tutto ciò è piuttosto inusuale. Ma trovo sia anche molto affascinante sapere che possano essere viste con un occhio differente anche le cose che diamo per assodate – come la matematica, o la superficie della Groenlandia!

Articolo liberamente ispirato al dialogo premesso
al volume Intuitionism. An introduction, di Arend Heyting.

Licenza Creative Commons
Intuitivamente di Simone Picenni è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale.
Based on a work at https://hopificio.wordpress.com/2017/06/16/intuitivamente/.

Lascia un commento